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Piranesi, Giovanni Battista.

Incisore e architetto italiano. Formatosi a Venezia presso lo zio M. Lucchesi, divenne in seguito allievo dell'architetto palladiano G.A. Scalfarotto e dell'incisore C. Zucchi. Durante questi anni ebbe modo di dedicarsi approfonditamente allo studio dell'architettura e dell'archeologia, e di coltivare la passione per il vedutismo e per la progettazione scenica. Nel 1740 si trasferì a Roma, dove studiò le tecniche dell'incisione con G. Vasi. Di nuovo a Venezia nel 1744 e nel 1745-47, conobbe l'opera di G.B. Tiepolo. Del 1743 sono alcune serie di incisioni fantastiche, indicate come la Prima parte di architetture e prospettive; al 1745 risale la prima redazione delle Carceri. Entrato in questi anni in contatto con gli artisti dell'Accademia di Francia, P. restò profondamente segnato dall'esperienza dell'arte tardo-barocca romana, le cui tracce sono evidenti nella sua attività teorica e artistica. Nell'ambito dell'incisione, impiegò le tecniche dell'acquaforte, giungendo a marcati effetti chiaroscurali e prospettici e a rappresentazioni drammatiche e complesse. Nel 1746 iniziò la serie delle Vedute di Roma, cui seguirono: i Capricci (1750), le Opere varie di architettura, prospettive, grotteschi, antichità (1750), i Trofei di Ottaviano Augusto (1753), le Antichità romane (1756), la nuova edizione delle Carceri (Carceri d'Invenzione, 1760), la serie Della Magnificenza e architettura de' Romani (1761). Con queste opere P. introdusse elementi innovativi nella produzione artistica del suo tempo: attribuì un nuovo significato all'incisione, che da iniziale mezzo per riprodurre i disegni architettonici si trasformò in suggestivo mezzo d'espressione artistica. Appassionato anche di archeologia, prese posizione contro l'atteggiamento filo-ellenico di Winckelmann; partecipò al dibattito culturale relativo alla superiorità dell'architettura greca o romana e, con il suo Parere su l'architettura (1765), si espresse chiaramente a favore dell'architettura romana. In quegli anni si dedicò, inoltre, a opere quali: Campo Marzio (1762), le Antichità di Cora (1764), i Vasi, candelabri, cippi (1768-69) e le Vedute. In veste di architetto, nel 1763 ricevette dal pontefice Clemente XIII la commissione del rifacimento dell'altare maggiore e della tribuna di San Giovanni in Laterano a Roma (idea poi abbandonata nel 1767). Nel 1764 fu incaricato del rifacimento di Santa Maria del Priorato, progetto nell'ambito del quale realizzò la piazza davanti al giardino e le ricche decorazioni della facciata e dell'interno della chiesa, situata sull'Aventino a Roma. Tra le ultime raccolte di incisioni ricordiamo: le Diverse maniere d'ornare i cammini ed ogni altra parte degli edifizi (1769) e i Vasi, candelabri, cippi, sarcofaghi, tripodi, lucerne ed ornamenti antichi (1778) (Mogliano di Mestre, Venezia 1720 - Roma 1778).